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Ricerca Attiva – Brucia il tuo CV (parte 2: L’intervista)

In un mondo dove ormai ognuno vende la propria “ricetta magica” per trovare lavoro, io voglio dirti la MIA verità: non esiste una ricetta magica, ma ci sono una serie di approcci a mio avviso più validi di altri.

 

Per me il modo migliore per trovare lavoro è utilizzare la ricerca attiva. Con questo termine intendo un mix di strategie che mirano a “svegliarti” per raggiungere il tuo obiettivo. Ne ho parlato nello specifico nella prima parte di questo articolo.

Non esiste una ricetta magica, non esiste un modo di giusto, e soprattutto non esiste la certezza matematica.

Siccome credo che il precedente articolo meriti un approfondimento, ho deciso di intervistare Riccardo Maggiolo, esperto sui temi del lavoro ed autore del libro che ha ispirato la realizzazione degli articoli.

Ti consiglio di leggere attentamente l’intervista perché ci sono molto spunti utili che hanno arricchito me in primis, come ad esempio la “mappa delle relazioni” e la strategia delle “attività emotivamente energizzanti”. Ma non voglio anticipare troppo, iniziamo!

1 – Partiamo con qualche domanda generale. Ci parli innanzitutto del tuo progetto Job Club? È attualmente attivo? Come è nato?
Il Progetto Job Club (oggi Job Club S.R.L.) aiuta le persone a cercare lavoro insieme, in gruppi di 8-12 persone che si incontrano fisicamente e, coordinati da un trainer, seguono un percorso comune di 10 incontri sulla ricerca attiva del lavoro con esercizi collettivi e individuali. Si impara così come si cerca lavoro, si esce dall’isolamento, si stringono nuove relazioni e si lavora a un piano di medio termine. È nato nel 2013, quando ho conosciuto la teoria dei Job Club, nata in ambito accademico fin dagli anni ’70 ma mai davvero sviluppata. Col tempo ho adattato questa intuizione al contesto italiano e fatto crescere il programma con il contributo di un centinaio di trainer e qualche migliaio di frequentanti. Causa COVID i Job Club sono sospesi, ma per il progetto è stata una pausa proficua perché abbiamo lavorato a un nuovo modello di business e di offerta formativa: i Job Club Center, delle “palestre” con coworking per chi cerca lavoro e allo stesso tempo una sorta di “academy condivisa” di candidati motivati e profilati sulla base capacità e non dei titoli per le aziende del territorio. Stiamo cercando fondi per aprirne un prototipo a Vicenza entro l’anno.

2 – Approfondiamo la questione del PROGETTO da presentare al potenziale datore di lavoro? Molti mi hanno fatto l’obiezione “Bello sì, ma nel mio caso non funziona”. Riusciamo a fare esempi di casistiche per tipologia di settore? O a categorizzare meglio dove possibile adottare questa strategia? Mi vengono in mente ad esempio settori più operativi (metalmeccanici, operai, etc.).
Chiunque può creare un progetto, ma non si possono fare “casistiche” (anche se si possono fare degli esempi, come nel libro). Una caratteristica fondamentale del progetto infatti è che non è standardizzato, ma si cala sulle caratteristiche del candidato e del datore. Va però capito che il progetto di candidatura non deve essere niente di complesso né di completo: deve essere un “assaggio”, un piccolo esempio di come si può dare il proprio contributo per risolvere o arginare un problema, raggiungere un obiettivo o realizzare un valore importante per il datore, anche in un modo semplice. La forza del progetto sta soprattutto nella capacità di creare pregiudizi positivi nella mente del datore di lavoro: un’immagine mentale di te che lavora per lui. Serve come una sorta di “chiavistello” per farsi aprire la porta: sarà poi nel colloquio di lavoro che si danno dettagli maggiori, e sarà poi semmai il datore a pensare come puoi essergli utile, anche magari in maniera molto diversa dal progetto. Serve quindi un po’ di pazienza, ricerca di informazioni e creatività, ma tutti possono provare a fare un piccolo progetto di candidatura. E per chi proprio non ce la fa, una variante più semplice – ma un po’ meno efficace – è fare un “saggio”: dare una piccola dimostrazione delle proprie abilità al lavoro, con un video, una foto, uno scritto, un portfolio… eccetera.

3 – Nel tuo libro parli di trovare le “persone”. Approfondiamo questo aspetto dando qualche strategia pratica, oltre a LinkedIn cosa suggerisci? Quali le migliori strategie di PR sulla propria persona?
LinkedIN è un bello strumento, ma anzitutto bisogna saperlo usare (e nel libro spiego un po’ come si possono usare intelligentemente i social network per crearsi relazioni) e comunque non è certamente sufficiente. Il digitale non può neanche lontanamente rimpiazzare il reale, e in particolare per le relazioni umane. Può essere, come altri media, un mezzo di “aggancio”: la reputazione digitale, il personal branding (anche qui, fatto in maniera intelligente ma onesta: senza esagerare o ritenerlo la soluzione) sono certamente delle parti importanti in questo, ma alla fine bisogna muoversi in prima persona. Un buon strumento per farlo è la mappa delle relazioni, che semplificando parecchio funziona così: domandati “Se domani mi chiamasse una persona che conosco per indicarmi un’opportunità lavorativa, chi sarebbe?”; a quel punto manda un messaggio alle persone a cui hai pensato chiedendo se conoscono altre persone che ti possono dare informazioni sulla professione, settore, azienda che ti interessa, e prosegui così, tenendo un registro dei contatti e dividendoli tra contatti di primo, secondo e terzo grado.

4 – Che ne pensi del NEXT Generation plan, sarà la volta buona?
Credo sia un passo molto, molto importante per l’Unione Europea e il progetto per qual che ne so mi sembra ben costruito. Viviamo in tempi imprevedibili ma anche forieri di cambiamenti e opportunità. Non so se sarà la volta buona, ma sono abbastanza certo che sia “l’ultima volta”, o giù di lì: quindi faremmo meglio a coglierla. E per farlo, bisogna che ognuno rinunci a qualcosa, e si dia da fare per dare un contributo. Essere spettatori, magari tenendo il broncio, ora non è un’opzione seria.

5 – L’Italia è/sarà mai un paese per giovani? Brutale verità.
Ne ho scritto anche nel mio articolo per Huffington Post: la questione demografica è quella centrale per il nostro Paese, o per un Paese in generale. Oggi in Italia ci sono 5 anziani per ogni bambino: un dato spaventoso, e purtroppo un problema che si può risolvere solo facendo scelte anche difficili da subito ma accettando di vederne i benefici nel tempo. Il Governo Draghi sembra sensibile al punto e ha una finestra politica per farlo. Speriamo. Da parte nostra, però, quello che dobbiamo fare è smettere di perpetrare questa narrazione tossica dello scontro fra generazioni, che si può anche riassumere in slogan come “Paese per vecchi / per giovani”. Slogan che magari sono anche efficaci e in parte veritieri, ma che non aiutano a trovare quella coesione e solidarietà sociale di cui abbiamo un disperato bisogno.

6 – Passiamo ora alle domande che sono arrivate a valanga dai miei lettori. Sono un over 40, non mi assumono per l’età? Che faresti? Consigli? 
L’età non è quasi mai un fattore, ed è quasi sempre una scusa: sia per i candidati che i per i datori. Tutti i candidati pensano di avere l’età sbagliata: i ventenni dicono di non avere l’opportunità di fare esperienza, i trentenni di averla troppo frammentata o di essere in età da famiglia, i quarantenni di costare troppo, e gli over50 di essere troppo vecchi. L’età al massimo può essere un fattore di selezione, ma non di assunzione (che sono due cose diverse). Ovvero, l’età può essere presa in considerazione quando si deve scegliere tra tante candidature e senza avere in mano elementi di selezione più rilevanti – fattispecie che i curriculum aumentano invece che diminuire. Ma se con una buona candidatura si fa capire a un datore di lavoro che si è scelto lui e che si è in grado di dargli un contributo, l’età è assolutamente irrilevante.

7 – Causa covid-19 ho perso il lavoro e mi sono reinventato (ho concluso un master e seguito vari corsi) però faccio fatica a trovare opportunità perché non ho esperienza (in stage sia chiaro). Che faresti?
Farei ricerca attiva del lavoro, concentrandosi quindi nel mercato del lavoro nascosto o potenziale (mi scuso se sembra una risposta un po’ lapidaria, ma l’alternativa mi sembra spiegare da capo come funziona la ricerca attiva).

8 – Ho X anni di esperienza in questo settore. Ho perso il lavoro con il covid-19 e adesso mi contattano solo per stage (sono fermo da 3 mesi). Accetteresti?
Dipende. Anzitutto bisogna fare una ricerca interna: emotiva, attitudinale, economica. Quanto sono disposto a investire in tempo, soldi, risorse ed emozioni per imparare quel tipo di lavoro? Poi va fatta una ricerca esterna: sulla professione, l’azienda e il settore. L’azienda è seria e dà garanzie di continuità? Il settore è in contrazione o in espansione? La professione mi interessa? Ha un posizionamento “strategico” nel flusso produttivo o è facilmente rimpiazzabile? Ha un mercato anche in altri settori? E poi si decide.

9 – Domanda finale: qualche consiglio a chi è senza lavoro oggi ed è finito in quella che nel libro chiami la “spirale della negatività”. Qualche “azione pratica” attuabile dopo aver letto questo articolo?
Tenere un diario della gratitudine
: comprare un piccolo quaderno e ogni sera, prima di andare a dormire, scrivere in pochi minuti cose che sono accadute nella giornata o che in generale abbiamo nella vita, anche “piccole” e semplici, per cui ci sentiamo grati. Diversi studi hanno provato che questo semplice approccio col tempo ha moltissime ricadute positive: migliora l’umore, fa vedere più opportunità, migliora la qualità del sonno e dell’alimentazione… Un altro consiglio è fare periodicamente attività emotivamente energizzanti. Sono quelle cose che quando siamo sul divano non abbiamo voglia di fare ma che sappiamo che se faremo ci faranno stare bene. Non sono quindi cose come fare le maratone Netflix mangiando cioccolata, ma fare uno sport, provare un’esperienza nuova, contattare un amico che non si sente da tempo, fare del volontariato… Bisogna individuarle e farne a cadenza regolare, direi almeno una volta a settimana.

Sono giunto alla fine di questa intervista. Molto probabilmente avrai pensato, ma quanto ti ha pagato Riccardo per questi 2 articoli e per fargli la marketta del libro? 0 euro. Anzi, ti dirò di più, sono stato io a cercare lui e lui (scusa la ripetizione) ha accettato di collaborare con me. Mi rendo conto che scegliere di fare un contenuto con il Candidato Ideale non è da tutti, visto il mio posizionamento sulla piattaforma.

Racconterò nei prossimi giorni se ho trovato lavoro o meno con la ricerca attiva e concluderò questo macro tema con l’ultimo articolo intitolato (SPOILER): “Le ** della Ricerca Attiva”.

Grazie ancora a Riccardo Maggiolo, ti invito caldamente ad iscriverti alla sua newsletter sul lavoro che trovi QUI e, di nuovo, se vuoi approfondire il tema della ricerca attiva QUI trovi anche il suo libro.

Se hai domande scrivile nei commenti perché proverò a rispondere a tutto.

P.S. Se non condividi sei un HR!

 

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Blogger, Disoccupato

Laureato 110 e lode con Dottorato di ricerca. Nominato da Forbes nella classifica dei top 100 talenti italiani under 30. Non sono nulla di tutto ciò. Al momento disoccupato. Scrivo per alleviare la mia frustrazione.