A Novembre 2021 sono successe 2 cose apparentemente scollegate che hanno dato vita a questo articolo fighissimo!
Ecco la prima: un recruiter mi ha scritto una lunghissima mail di sfogo. Il testo della mail era qualcosa del tipo: “Guarda ti seguo sempre, hai ragione su quello che dici vorrei raccontarti un sacco di cose specialmente sulla APL in cui lavoro, ma ho paura che ci finisco di mezzo e non mi fido abbastanza”. Allora io rispondo: “Non ti preoccupare, ti ringrazio per avermi scritto – fa sempre piacere. Se trovi di meglio però facciamo l’articolo assieme”.
Ed ecco la seconda botta di culo: il recruiter “pentito” ha trovato un nuovo lavoro 10 giorni fa ed ha scritto in mezza giornata questo articolo – cazzo non aspettava altro. Ovviamente questo recruiter non è scemo, quindi preferisce rimanere anonimo.
Ma tutto quello che leggerai è stato scritto da lui, io ho fatto solo “copia e incolla”! Quindi se non sei d’accordo, puoi commentare e dirmi la tua, ma sappi che questo articolo non è farina del mio sacco.
1 - Ricerca di profili medio-bassi
Sei un neolaureato alla ricerca di lavoro? Bene, nel 70% dei casi, se stai cercando lavoro tramite un’Agenzia per il Lavoro, stai sbagliando metodo. Infatti le ApL nella maggioranza dei casi ricercano personale con scarse qualifiche e basso livello di studi, da utilizzare per aziende che cercano personale da inserire o sostituire con tempistiche molto veloci, e spesso con offerte poco appetibili dal punto di vista contrattuale.
Fateci caso: quando passate fuori dalla vostra agenzia di quartiere, vedete mai affisse alle vetrine offerte relative a mansioni per le quali è necessaria la laurea? Solitamente si ricercano operai, badanti, saldatori, addetti pulizie… perché sono mansioni facilmente intercambiabili e con una selezione molto rapida. Inoltre, per figure di target medio-alto, molto spesso le aziende preferiscono non utilizzare le società di selezione, ma scegliersi direttamente loro la figura da assumere.
2 - Poco aperte verso il digitale
Le ApL più famose e gettonate sul mercato italiano generalmente non selezionano e non hanno personale per la selezione relativa al mondo dell’informatica e del digital marketing. Questo perché le figure provenienti da questi due mondi sono estremamente richieste e devono avere competenze hard e trasversali piuttosto difficili da esaminare in un tempo rapido.
Molto spesso, inoltre, i recruiter che lavorano in agenzia hanno competenze informatiche scarse o nulle al di là dell’utente medio. Trascurare le competenze digitali è ancora più dannoso in riferimento ai giovani: essi, infatti, quando sono scarsamente scolarizzati o piuttosto confusi sulla professione da intraprendere, non vengono MAI indirizzati ad un percorso formativo verso il digitale, che gli darebbe la possibilità di avere una carriera “sicura”, ma generalmente sono abbandonati a sé stessi, o indirizzati verso lavori poco qualificati.
3 - Uso e abuso delle PAL (Politiche Attive per il Lavoro)
Le Politiche Attive per il Lavoro secondo la definizione dell’Asnor, sono “un insieme di misure, programmi e interventi pubblici orientati a regolamentare il mercato del lavoro, favorire l’occupabilità e facilitare l’inserimento lavorativo di persone a rischio marginalità”. Nello specifico le politiche attive consistono in incentivi forniti o alle aziende o agli enti preposti a offrire lavoro (come i Centri per l’Impiego o le ApL) per facilitare l’inserimento lavorativo di quei target di persone che soffrono maggiormente la disoccupazione, come ad esempio i giovani, le donne, gli over 50, i disabili eccetera.
Pochi sanno però che tra i principali fruitori di questi incentivi ci sono proprio le Agenzie per il Lavoro, che a ogni inserimento lavorativo duraturo di queste persone (ad esempio più di sei mesi) hanno delle premialità apposite fornite dallo stato (circa 4000 euro per ogni persona inserita). Fin qui nulla di strano: le ApL sono enti privati, e in quanto tali hanno un fatturato. Inoltre, le premialità fornite da questi bandi servono anche a costruire interventi di orientamento appositi per le persone che ne usufruiscono.
Peccato che nella stragrande maggioranza dei casi ciò non avvenga. Utilizzerò a titolo esemplificativo uno dei bandi più conosciuti, ossia Garanzia Giovani. Garanzia Giovani è un bando rivolto ai cosiddetti NEET, ossia le persone che non studiano e non lavorano, e che hanno un’età dai 16 ai 30 anni. Questo bando dovrebbe aiutare i giovani a trovare lavoro attraverso incentivi forniti alle aziende, che favorirebbero l’occupazione anche di figure junior e poco esperte, in quanto il costo della formazione fatta alla figura appena entrata in azienda verrebbe poi recuperato attraverso gli incentivi. Bene, il problema è questo: gli incentivi non vengono dati all’azienda che dà effettivamente lavoro ma all’ente che predispone l’ingresso della risorsa, solitamente o l’Agenzia per il Lavoro o il Centro per l’Impiego. Perché viene pagata l’agenzia invece che l’azienda che effettivamente assume? L’ApL viene pagata perché avrebbe teoricamente il compito di orientare la risorsa, farle acquisire nuove competenze e renderla “occupabile” e appetibile agli occhi dei datori di lavoro. Questo perché molto spesso le persone iscritte a questo bando hanno scarso livello di formazione e scarse hard skills, che le rendono praticamente inoccupabili nell’attuale mercato del lavoro.
L’abuso di questi premi avviene dal momento che le risorse “inoccupabili” tali sono e tali restano, dato che nel 90% dei casi non vengono supportate nell’acquisizione di nuove skills. Quando però si vuole assumere una persona che fa parte di quella fascia di età e che AL MOMENTO è disoccupata, ma sarebbe comunque reimpiegabile con facilità e in virtù di questo non dovrebbe usufruire di Garanzia Giovani, la si fa iscrivere immediatamente al bando, di modo tale che, una volta assunta, si ha diritto alla premialità pur non avendo fatto assolutamente nulla.
Questo discorso vale per qualsiasi bando relativo alle politiche attive: prima si trova la persona adatta, e se poi può garantire un premio, essa viene iscritta al bando di modo tale da riceverlo senza compiere alcuno sforzo. In sostanza le politiche attive non funzionano perché non aiutano chi ha effettivamente difficoltà a trovare lavoro, ma danno soldi agli enti che teoricamente dovrebbero supportare le persone nella ricerca di un’occupazione.

4 - Gli annunci
Ero sempre scettico riguardo questo fatto, ma da quando ho iniziato a lavorare in agenzia ve ne posso dare la conferma: i recruiter (tranne rare eccezioni) non guardano mai le cosiddette candidature “passive”, ossia quelle che si mandano rispondendo agli annunci pubblicati sui vari portali. Questo perché al 99% non rispecchiano mai i requisiti richiesti, per due motivi: il primo è che generalmente le persone si candidano senza nemmeno leggere l’annuncio. Cliccare su “candidati ora” non costa nessuna fatica, e chi lo sa, magari comunque una chiamata te la fanno comunque. Ora, se io sto cercando una persona che abbia esperienza in ambito ristorazione e mi ritrovo con dieci curricula di metalmeccanici, capite che cambio metodo e preferisco cercare i CV tra i vari database che offre la rete.
Il secondo motivo per il quale le candidature passive non corrispondono ai requisiti, è che spesso il candidato ideale per le aziende ha dei requisiti che non sono pubblicabili in un annuncio. Ad esempio, potrebbero non volere stranieri, donne, persone con più di 30 anni, ossia tutti quei requisiti che non possono essere pubblicati poiché illegali. Per cui noi ci pariamo il sedere pubblicando quella bella dicitura “Il presente annuncio è rivolto ad entrambi i sessi, ai sensi delle leggi 903/77 e 125/91, e a persone di tutte le età e tutte le nazionalità, ai sensi dei decreti legislativi 215/03 e 216/03”, ma chiaramente ci cerchiamo da soli le persone che rientrano nei (molte volte discutibili) canoni decisi dal cliente.
5 - Gli stabilizzati
La stabilizzazione ha in realtà alcuni lati positivi, che però sono nascosti da molte ombre. Si tratta di un contratto a tempo indeterminato tra agenzia e lavoratore con il quale l’agenzia si impegna a versare un’indennità di disponibilità al dipendente per ogni periodo in cui quest’ultimo non riesce ad essere collocato in nessuna azienda. Se da una parte questa misura risulta essere un ottimo salvagente dalla flessibilità del mercato del lavoro, in particolare per tutta quella fascia di lavoratori poco istruiti e molto intercambiabili, dall’altra il lavoratore ha però alcuni obblighi:
- è costretto ad accettare lavori anche piuttosto distanti da casa sua (in alcuni casi 50 km);
- non può rifiutare più di un certo numero di offerte di lavoro;
- molto spesso deve sottostare a una sorta di ping-pong fra le varie aziende, perché i lavoratori stabilizzati vengono spesso utilizzati per brevissime sostituzioni in quanto devono fornire obbligatoriamente disponibilità, pena la perdita dell’indennità.
Ovviamente, solo figure che hanno skills particolari e molto richieste vengono stabilizzate dalle agenzie, questo perché non vogliono correre il rischio di avere sul groppone persone inoccupabili alle quali bisogna sborsare ogni mese l’indennità di disponibilità (cifra bassa, ma superiore al reddito di cittadinanza, pertanto le persone non vogliono perderla quando ne hanno diritto). Una cosa però va detta: è una misura sicuramente studiata meglio del Reddito di Cittadinanza.
6 - Lavorare in una APL è come stare all'inferno
Fin da quando ero stagista ad oggi ho realizzato una cosa: le Agenzie per il Lavoro sono gironi infernali. Non solo per chi lavora tramite loro, ma soprattutto per lo staff interno. Quando sei stagista ti vengono riservate tutte le mansioni più snervanti, e che i recruiter senior non vogliono fare, tra le quali le comunicazioni dei licenziamenti e delle contestazioni con annesse le maledizioni e gli insulti che i lavoratori ti mandano. Vieni poi solitamente messo in front-office a gestire l’accoglienza delle persone che entrano in agenzia: entrasse un pazzo (cosa che accade più spesso di quanto pensiate) che vuole per forza un lavoro, la prima persona che se lo deve gestire è sempre lo stagista.
Quando poi diventi finalmente recruiter senior, devi gestire la follia dei clienti che si aspettano che tu faccia apparire da un cilindro magico decine di persone che non aspettano l’ora di lavorare per il minimo sindacale. Quando poi scoprono che questa loro fantasia infantile è sbagliata, prima se la prendono con il governo ladro che si diverte a dare soldi a pioggia alle persone che non hanno voglia di fare nulla. Dopo, cercano un obiettivo su cui sfogarsi, e quello sei TU, il recruiter incompetente che non trova persone capaci e affidabili che vogliano lavorare per pochi euro l’ora! A quel punto cominci davvero ad invidiare la donna delle pulizie da te assunta poco prima per pochi euro l’ora, pensando che almeno lei non si deve interfacciare con mentecatti simili quando lavora.
A proposito di APL, avevo già scritto un articolo simile che ti lascio come approfondimento. Ho parlato di 5 verità scomode per cui non trovi lavoro, relative proprio ad una mia esperienza diretta con le APL. Se non lo hai letto (molto male), lo trovi QUI.
P.S. Se non condividi sei un HR!
Blogger, Disoccupato
Laureato 110 e lode con Dottorato di ricerca. Nominato da Forbes nella classifica dei top 100 talenti italiani under 30. Non sono nulla di tutto ciò. Al momento disoccupato. Scrivo per alleviare la mia frustrazione.